C’era una volta il Metodo Classico

metodo classico

Metodo Classico

Metodo Classico

C’era una volta il “Metodo Classico”

 

Tanto tanto tempo fa l’uomo ha imparato a “mischiare” gli alcolici con altri ingredienti dando vita ai primi rudimentali cocktail, finché un giorno qualcuno che era evidentemente più illuminato degli altri ha creato il “Metodo Classico”.

Lo scopo del Metodo Classico era quello di standardizzare la miscelazione tramite regole e soprattutto ricette che avessero un eco internazionale: l’idea era quella che le persone potessero bere lo stesso cocktail Manhattan/Alexander/Negroni e via dicendo a New York così come a Londra, a Parigi e ovviamente anche a Roma.

A seguito di una competizione di cocktail tenutasi nel Febbraio del 1951 in Inghilterra nasceva l’International Bartender Association (comunemente nota come IBA), per l’appunto un’associazione che riuniva enti provenienti da ogni angolo del mondo tra cui l’italianissima Aibes (Associazione Italiana Barman e Sostenitori).

Il ruolo di queste associazioni ai tempi è stato fondamentale, tant’è che ancora oggi molti dei cocktail che erano stati “ufficializzati” allora sono ancora tra i più apprezzati dietro e davanti ai banconi bar.

Da un punto di vista pratico il Metodo Classico in origine si basava sul concetto di parti e proporzioni: ogni ingrediente di un cocktail infatti corrispondeva ad una o più parti al fine di ottenere un certo equilibrio nel drink miscelato.

Per fare un esempio estremamente semplice, il cocktail Negroni prevede 3 parti esattamente identiche tra di loro e, nello specifico:

  • 1 parte di Gin;
  • 1 parte di Vermouth Rosso;
  • 1 parte di Campari Bitter.

Nel versare gli ingredienti il barman di turno che utilizzava il Metodo Classico originale doveva fare estrema attenzione a mantenere le proporzioni affidandosi alla propria bravura. Nel video qui sotto Francesco ci mostra come si realizza un Negroni cocktail con il Metodo Classico.

A vederlo così sembra piuttosto facile, ma ti assicuro che essere precisi come lo è stato Francesco nel video è una piccola impresa!

Tra l’altro immagina di dover preparare non uno, ma dieci Negroni davanti a dei clienti che ti fissano e aspettano solo te per godersi il loro drink: non mi stupirei se le mani iniziassero a tremarti un pochino e… Ecco che parte una goccia di troppo rovinando il cocktail!

Scherzi a parte, per un barman allenato ed esperto il problema non si pone, ma viene da sé che questo tipo di soluzione non sia ottimale, quanto meno non al giorno d’oggi.

jigger

Jigger

Proprio per questo motivo, il Metodo Classico da diversi anni ha iniziato a sfruttare alcuni strumenti di (maggiore) precisione come il jigger.

Il jigger altro non è che un dosatore che puoi trovare in commercio – ad esempio nell’e-commerce PRO BAR che trovi sul sito www.attrezzaturabarman.it – sia in acciaio che fatto di altri materiali: riempiendo uno dei due coni di cui è composto, chi utilizza il jigger sa di aver versato la misura indicata in corrispondenza del bordo (in once, oz, o centilitri, cl).

Alcuni jigger presentano anche delle linee graduate interne che aumentano le misure disponibili per ognuno dei suoi due lati.

Comodo, no?

Il jigger è utilissimo per dosare il succo spremuto direttamente dal lime, tanto per fare un esempio, ma chi lavora con il Metodo Classico spesso lo usa per aiutarsi soprattutto con distillati e liquori.

Sia chiaro, non c’è nulla di male a sfruttare uno strumento più o meno moderno per migliorare il proprio lavoro e di conseguenza il servizio offerto, quindi non cadere nella tentazione di giudicare male un barman o una barlady che si affida al jigger per versare degli alcolici durante la preparazione di un drink.

Tuttavia, sebbene il jigger sia un utilissimo supporto per ogni bartender e, a mio avviso, un miglioramento netto rispetto alla versata classica “ad occhio”, anche questo strumento non è esente da difetti.

Per prima cosa per quanto si possa essere precisi nel riempire uno dei coni graduati, qualche goccia di liquido si perderà o si aggiungerà sempre rispetto alla misura perfetta, ma diciamo che questo fa parte di un errore di misura accettabile.

Il secondo reale problema è la velocità.

Quando si usa il jigger infatti il bartender deve versare il liquido al suo interno (facendo attenzione a non sbagliare) e poi travasare il tutto in uno shaker, bicchiere o mixing glass.

Se in una mano tieni una bottiglia e nell’altra il jigger, significa che non potrai mai versare più di un prodotto alla volta, rendendo la preparazione del drink piuttosto lenta.

La cosa chiaramente non è un problema se hai poche persone da servire, ma se invece sei l’unico bartender a dover preparare da bere per 50-100 clienti..?

Eh sì, in quel caso potrebbe essere un GROSSO problema! 🙂

E poi vennero gli americani…

workstation bar

Workstation Bar

Gli americani hanno sempre avuto un’attenzione maniacale verso l’aspetto economico di ogni attività e i bar non sono stati esentati da questa tradizione.

Così, intorno agli inizi degli anni ’80, nei locali statunitensi si cominciano a vedere le prime workstation, delle vere e proprie postazioni progettate per realizzare cocktail con la massima velocità.

Ovviamente la postazione di per sé non aveva il potere di aumentare il ritmo di servizio del barman, ma doveva essere sfruttata attraverso un sistema di versate totalmente diverso rispetto a quello del Metodo Classico.

Il cosiddetto American Bar sfruttando un altro strumento, il metal pourer (comunemente chiamato metal pour dalle nostre parti), permette di versare il liquido contenuto in una bottiglia… Contando.

Sì, hai capito benissimo!

Contando i secondi in cui la bottiglia è a testa in giù e il liquido scende dal metal pour – a vederlo un banalissimo beccuccio metallico inserito nel collo della bottiglia stessa -, il barman è in grado di sapere esattamente quanto rum, whisky, tequila o vodka sta versando.

Il grado di precisione medio raggiunto dalle persone a cui è appena stata insegnata questa tecnica ha del sorprendente!

La sua efficacia sta proprio nella semplicità e nella genialità che si nasconde dietro alla creazione del metal pour.

Infatti, oltre a risparmiarti di dover travasare ogni volta il liquido dal jigger appena riempito al bicchiere/shaker/o quello che ti pare, grazie al metal pour e al sistema del conteggio tu puoi versare il contenuto di due (o più) bottiglie contemporaneamente.

In poche parole, un bartender che utilizza il sistema americano viaggia approssimativamente al doppio della velocità di un professionista di pari o maggiore esperienza che applica il Metodo Classico (con o senza jigger).

In quest’altro video Charis ti fa vedere come si prepara un Negroni cocktail – lo stesso di prima – utilizzando il metodo del conteggio americano con metal pour.

Stessa ricetta con medesime dosi, ma in meno tempo.

Adesso prova ad immaginare quei secondi guadagnati rispetto alla versione classica moltiplicati per 100, 200, o anche 500 cocktail realizzati in una singola serata di lavoro.

Se ti va bene, finisci di lavorare almeno un paio d’ore prima dei tuoi colleghi; se ti va male, vorrà dire che i tuoi stessi clienti saranno stati invogliati dalla tua rapidità a consumare ancora di più non dovendo aspettare secoli per un drink!

E se ti dicessi che c’è un sistema per accelerare ancora di più i tempi di preparazione dei cocktail?

Dopo anni di ricerche e lavoro sul campo, i Master Trainer della MIXOLOGY Academy hanno sviluppato il metodo americano integrandolo con uno speciale algoritmo.

Questo algoritmo altro non è che un diagramma di flusso che permette di costruire più cocktail contemporaneamente seguendo uno schema specifico, così da ottimizzare al massimo la realizzazione di 3, 4, 6, 10 o più cocktail allo stesso tempo.

Eccotene un piccolo assaggio in questo terzo video.

Il “trucco” non sta nella velocità dei movimenti, ma proprio nello schema su cui si basa l’algoritmo del Metodo Global Bartending che può essere applicato ad un numero qualsiasi di cocktail (almeno quelli che entrano in un unico bar top!) con ricette totalmente diverse tra di loro, rendendo di fatto “scientifico” questo sistema di lavoro al bar.

Gli istituti alberghieri italiani, indissolubilmente legati a dei programmi scolastici risalenti al 1950 circa, nelle classi di bar ancora insegnano la cockteleria secondo alcuni vecchi dogmi del Metodo Classico. Lo stesso discorso vale per le Associazioni di categoria: queste, infatti, non si sono mai allontanate troppo da certe tradizioni che, da un lato, hanno senza dubbio il loro fascino, ma per certi punti di vista al giorno d’oggi potrebbero non essere più così competitive.

Sempre più aspiranti barman, ritenendo che questa strategia non si sposi al meglio con il mercato del lavoro, ormai da tempo hanno iniziato a preferire dei metodi di lavoro più moderni come quello americano e, a maggior ragione, il Global Bartending risultato dall’evoluzione di 100 anni (e oltre) di miscelazione.

Quindi, se la tua intenzione è diventare un professionista in questo settore nei prossimi mesi o anni, dovrai scegliere attentamente il percorso da seguire, motivo per cui ti faccio una provocazione e ti chiedo: ripartirai dalla scoperta della ruota, o passerai a studiare direttamente i segreti che fanno volare i più moderni prototipi di automobili?

Visto che hai avuto la pazienza di leggere fino a qui, voglio premiarti dandoti la possibilità di usufruire di una lezione introduttiva di 4 ore sul metodo Global Bartending (del valore di 100€) completamente GRATIS per te, così da poter toccare con mano le cose che ti ho spiegato e metterci alla prova.

Che fai, ne approfitti? 🙂

Non devi fare altro che compilare il box qui sotto con i tuoi dati e riceverai le istruzioni per prenotare il tuo Corso Barman di 4 ore!

 

Ci vediamo in Accademia se deciderai di partecipare al corso!

Crescere e aiutare gli altri a crescere, sempre.

Ilias Contreas

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